Schio ...”uno dei più bei posti della terra” (Ernest Hemingway, Visita di un reduce al vecchio fronte. Dal "Toronto Star Daily", 22 luglio 1922)

Schio è uno dei maggiori Comuni della Provincia di Vicenza situato in pianura allo sbocco della Val Leogra, circondato da un dolce anfiteatro collinare e dalle suggestive vette delle Piccole Dolomiti; l’antica civiltà rurale è testimoniata da quasi ottanta contrade presenti tra le colline. Sull'economia e la società della valle e della Città ha pesato l’estensione dell’ambiente collinare-montano che ha reso difficile la coltivazione del suolo. In compenso i monti hanno fornito acque limpide, lana e minerali che hanno dato origine ad un ben radicato artigianato manifatturiero dal quale sono poi cresciute le grandi fabbriche tessili e un notevole e differenziato indotto industriale.

ALLE ORIGINI

Numerosi reperti fittili testimoniano la presenza di stazioni neolitiche e insediamenti paleoveneti: la posizione dell’antico nucleo abitativo all’incrocio di vie di comunicazione ne ha fatto fin dall’età preistorica un luogo predisposto all’insediamento; già in epoca preromana esisteva una “Pista dei Veneti” che, costeggiando i Colli Berici, giungeva fino a Vicenza e si collegava poi con il Trentino. Ciò spiega la successiva presenza dei Romani e di alcuni nuclei longobardi in particolare nell'attuale frazione di Magrè di Schio.

L’elemento romano introduce il proprio culto, sovrapponendolo a quello preesistente. Si adorava così Diana e più su, in alto sulle vette del Monte Summano, sorgeva un santuario molto frequentato dedicato a Plutone, il Summus Manium di cui il monte riprende il nome. Questi culti lasceranno il posto ai santi e alla Madonna del Cristianesimo.

IL MEDIOEVO E LA REPUBBLICA SERENISSIMA

Il nome Schio sembra derivare da scledum, termine latino medioevale di una pianta della famiglia della quercia, e appare per la prima volta in alcuni documenti di monaci benedettini vicentini che intorno al Mille ricevettero in dono una “curtis in Scledo” sul colle denominato Gorzone dove si trova attualmente il Duomo. L’odierno centro urbano scledense trae la sua origine dal trasferimento sullo stesso colle di Schio dell'importante Pieve di Belvicino nel 1123, anno in cui l’abitato fu distrutto da un’alluvione. Il centro storico andò prendendo forma all’incrocio di quattro vie commerciali, proprio tra i piedi del colle Gorzone sede dell’autorità religiosa e la più elevata posizione del forte Castello turrito. Nel corso del XII secolo si fece costruire la Roggia Maestra, primo motore del futuro sviluppo economico di Schio, che determinerà lo stanziamento dei primi artigiani e che polarizzò nei secoli successivi laboratori per la lavorazione della lana, lavorazione dei metalli, macine da molino, segherie ed altre attività manifatturiere.

Si ritiene che Schio sia libero Comune nel 1228, anche se i primi documenti ritrovati sono datati 1275. Durante il Basso Medioevo, Schio rimase un feudo di famiglie signorili e seguì le sorti di Vicenza nei diversi periodi della sua soggezione a potenze regionali esterne: fu dei conti Maltraversi fino alla signoria di Ezzelino III da Romano (1236-1259), poi degli Scrovegni fino a quando con Vicenza fu soggetta a Padova (1266-1311). Dominio Scaligero tra il 1311 e il 1387: fu proprio durante questa dominazione che Schio divenne sede di Vicariato civile, che comprendeva nella sua giurisdizione amministrativa diversi paesi del territorio (oggi compresi nei Comuni di: Arsiero, Caltrano, Cogollo, Laghi, Lastebasse, Marano, Pedemonte, Piovene Rocchette, San Vito di Leguzzano, Tonezza, Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d'Astico).

Schio ebbe il maggior sviluppo durante il dominio della Serenissima Repubblica, di cui fu dominio con Vicenza dal 1406. La Città ne diventa il principale luogo di produzione laniera, basandosi su un capace artigianato già da lungo tempo ben avviato. Questo periodo sarà caratterizzato da continue contese giurisdizionali con Vicenza che porteranno durante la guerra di Cambrai all’atteggiamento filo-imperiale di Schio; tale posizione provocherà, sulla base di recenti ricerche documentali, alla demolizione del fortilizio nel 1412, su commissione di Vicenza, con buona probabilità per le tendenze filo-imperiali degli scledensi. Nel frattempo da centro di aggregazione agricola della campagna e delle contrade in alta e bassa collina, la popolazione si intensificò dapprima con la possibilità di combinare la magra agricoltura con attività sussidiarie quale lo sfruttamento delle vene metallifere, poi specializzandosi appunto nell’attività laniera fino a sostituirsi nella produzione a Vicenza, soprattutto dopo il privilegio della produzione di Panni Alti concessa da Venezia nel 1701.

L’INDUSTRIALIZZAZIONE E ALESSANDRO ROSSI

L’abbondanza della risorse acqua e lana, di manodopera, la perizia degli artigiani locali e la mancanza di corporazioni, attirarono a Schio, già nella seconda metà del ‘700, il patrizio veneziano Nicolò Tron che aveva visto delle innovazioni industriali inglesi. Egli impiantò negli anni seguenti una prima moderna attività imprenditoriale e diffuse delle importanti innovazioni tecnologiche, ad esempio la navetta volante per il telaio da tessitura.

A causa del peso delle vicende giuridico-istituzionali ed economiche seguite all’invasione francese del 1797, lo sviluppo ebbe un declino e l’attività ristagnò fino agli anni Quaranta dell’Ottocento, periodo in cui l’arte laniera riprese vigore. Tuttavia già nel primo ventennio del secolo erano presenti il lanificio Garbin e quello di Francesco Rossi, fondato nel 1817, lo stesso anno in cui Schio ottenne dal dominio Asburgico il titolo di Città. Negli anni più caldi del Risorgimento Schio vanta uomini illustri quali i fratelli Pasini, Arnaldo e Clemente Fusinato e soprattutto Alessandro Rossi che, in virtù delle sue concezioni imprenditoriali, seppe far crescere il lanificio di suo padre fino a farlo diventare nella seconda metà dell’Ottocento la maggior azienda laniera italiana (Lanerossi).

Il Rossi, uomo di ingegno acuto e di cultura (fu parlamentare e Senatore del nuovo Regno d’Italia), contribuì notevolmente a fare di Schio un polo industriale ed urbano davvero straordinario. Oltre alla pionieristica realizzazione di una grande industria tessile, egli finanziò la costruzione in città di un gran numero di istituzioni operaie assunte a modello dagli altri imprenditori del tempo: conseguentemente allo sviluppo del polo laniero egli modificò l’assetto territoriale urbano costruendo nuove abitazioni per gli operai (Nuovo Quartiere Operaio), nuove strutture sociali (asili per i figli dei lavoratori, scuole, teatro, giardino ecc.) e intervenne anche ristrutturando palazzi, chiese e piazze.

EPOCA MODERNA

Tra Otto e Novecento Schio moltiplicò e diversificò le proprie industrie, si articolò in una pluralità di centri e di attività politiche, culturali, sociali e religiose. Con la prima guerra mondiale la cittadina divenne zona bellica e la Strafexpedition (Spedizione Punitiva) nel 1916 punta su Schio per conquistare la pianura. Ma la tenace difesa italiana sul Monte Pasubio e Monte Novegno infrange l’attacco e dall’estate del ’16 i comandi italiani approntano un sistema difensivo di montagna, di cui rimangono tuttora delle testimonianze straordinarie (ad es. la Strada delle 52 Gallerie nel Monte Pasubio, altre testimonianze sul Monte Novegno). L’immediato periodo post-bellico è segnato dalle difficoltà della ricostruzione. In epoca fascista emergono personaggi della piccola e media borghesia e vengono avviate varie opere edilizio-urbanistiche (la costruzione di un viale imperiale, di un villaggio residenziale e di una nuova scuola elementare). Le zone montane sono di nuovo luogo di scontro e di Caduti durante la seconda guerra mondiale; dopo l’8 settembre 1943 si fa cruenta in città e nei boschi la lotta tra gli occupanti tedeschi e le forze della Resistenza che liberano Schio il 29 aprile 1945. Il periodo immediatamente successivo è funestato dall’eccidio alle prigioni cittadine e da contrasti politici, finché l’avvio della ricostruzione economica porta nuovamente Schio, verso la fine degli anni Sessanta, ad un crescente e diffuso benessere ed espansione edilizia.

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